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CULTURA | VALLI GIUDICARIE


"Fàr gróp" per affrontare il Covid-19 e “vegnérghen fò”. Il punto sulle Giudicarie con Mario Antolini

Riflessioni in salsa trentina con... Mario Antolini


L’estate 2020 sarà sicuramente ricordata come un momento, quanto meno, difficile.
Un periodo in cui si sono rincorsi diversi stati d’animo per l'emergenza sanitaria dovuta al coronavirus Covid-19: dalla felicità per la fine dell’isolamento alla paura di una possibile ricaduta. Allo stesso tempo si sono andate creando problematiche ulteriori dovute all’impossibilità di lavorare ed alla necessità di poter usufruire di supporti economici e psicologici.
Il tutto accompagnato dal rincorrersi di commenti "specialistici" spesso opposti e contraddittori.

In questo turbinio di emozioni i riflettori si sono accesi su due elementi: la salute e ed il lavoro.

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Un tema su cui si è soffermato Mario Antolini, storico nonché profondo conoscitore delle Giudicarie e non solo, che propone  qui la sua lettura dando anche qualche consiglio. Uno tra tutti? «Nelle difficoltà - sottolinea Mario - bisogna saper “fàr gróp”». Fàr gróp, in dialetto tionese/giudicariese corrisponde a rimanere uniti.

Mario, cosa possiamo dire di quest’estate 2020?
Ancora una volta siamo obbligati, dalle vicende storiche incontrollabili dall’uomo, a superare un periodo colpito – a livello mondiale – da una pandemia da coronavirus che ha richiamato alla mente la peste del 1600 (decantata e tramandata dal Manzoni) e l’epidemia della “febbre spagnola” degli anni 1918-28 ormai quasi dimenticata, tanto poco se ne parla.
Anche le Giudicarie e il Trentino sono state colpite da queste calamità che sono andate molto al di là degli ambiti famigliari, per coinvolgere ogni contesto sociale che ha sempre dovuto operare collegialmente e in sintonia, in quanto il singolo era impossibilitato ad affrontare una situazione che coinvolgeva tutta la società nella quale i singoli rimasti vittime del morbo richiedevano l’aiuto dei propri simili e delle istituzioni sociali che erano e sono in essere.

Un parallelo dunque tra ieri ed oggi?
Non ho sotto mano documenti precisi che si riferiscano alle epidemie del passato, ma ho condiviso quanto è avvenuto anche in Giudicarie e nel Trentino in questa primavera-estate del 2020 che ha rappresentato aspetti del tutto inusitati, e mai avvenuti in ogni tempo e luogo, addirittura con l’obbligo assoluto, imposto d’autorità governativa, del “tutti chiusi in casa” per alcuni mesi, ed in questa coda di estate attualmente anche in fase di lenta ripresa dei rapporti interpersonali e nel mondo del lavoro.

A quali emozioni, secondo te, ha dato vita questa pandemia e quali sono le esigenze della Comunità oggi?
Senza alcun dubbio ci siamo sentiti soli. Le istituzioni pubbliche si sono sentite lontane ed incapaci di fare chiarezza sul da farsi, del come comportarsi, del come agire, del come riprendere i modi di vita e del lavoro come era stato prima dell’avvento dell’epidemia. Eppure, a mio sentire, percepisco che proprio ora, più che mai, si evidenzia l’esigenza di sentirsi insieme - di “fàr gróp” - poiché ci si sente soli e smarriti ed in palese difficoltà, sia dal punto di vista famigliare (coi figli chiusi in casa e senza scuola) sia dal punto di vista sociale nell’incapacità di riavviare il mondo del lavoro che rimane indispensabile per la necessaria economia, di cui tutte e tutti hanno determinante bisogno.

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Secondo te questa crisi ha accentuato la necessità dell’uomo di essere “animale sociale”?
C’è sicuramente il bisogno e il desiderio di “socialità”. Durante i momenti cruciali del coronavirus l’Ospedale di Tione era diventato il faro comprensoriale al quale si sapeva fare riferimento; ci si sentiva protetti perché il punto di convergenza sanitaria era palese e funzionale; ci si sentiva insieme ed al sicuro. Ma poi... di nuovo il vuoto, la sensazione del rimanere da soli a sbrogliare la matassa delle infinite situazioni prive di orizzonti certi e da poter raggiungere con certezza.

Quali sono gli aspetti che per te hanno aiutato o meglio ancora, potrebbero aiutare nel far fronte a situazioni come questa ad esempio in Giudicarie?
Di fronte alla povertà ed alle difficoltà del passato i Giudicariesi sono sempre riusciti “a vegnérghe fò” ma da soli, si sono fatti forza - dal lavoro manuale a livello famigliare e ricorrendo all’emigrazione come valvola di salvezza economica. La storia sta a testimoniare come tanta intraprendenza individuale, basata sulla fatica e la costanza, sia riuscita a dare alle Giudicarie una posizione sociale ed operativa del tutto esemplare ed invidiabile. È giunto il momento di ricominciare a rimboccarsi le maniche (come si suol dire). Ma la gente di oggi ha la stesa stoffa delle generazioni che hanno fatto delle Giudicarie un invidiabile eden ben ordinato, con nessun individuo abbandonato sulla strada, con nessuna persona lasciata sola, con tutti i cittadini sotto un tetto, con nessun morto di fame? Ci sono i disoccupati specie fra gli stagionali, ma si arrangiano poiché si trovano in un ambiente in cui anche il disoccupato e lo stagionale trovano qualche momentaneo riparo.

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Cosa proporresti per superare questi momenti?
Mi chiedo se sia possibile fare qualcosa di più nel trovare modalità di un “sentirsi insieme” ad affrontare ciò che soltanto se uniti agli altri si riesce “a vegnérghen fò”. È noto che ai Giudicariesi resta tradizionale l’agire da isolati, sia come individui, che come centri abitati pure come enti pubblici: ognuno viaggia da sé e per sé, e sono rare le occasioni di un possibile e ricercato “agire insieme”. Eppure io sono convinto che proprio in momenti come l’attuale, è giunta l’occasione propizia per andarsi a cercare, a trovare occasioni e modalità per un agire in unità d’intenti nel sapersi comprendere ed aiutarsi a vicenda in quanto possibile.
Sono convinto che ci troviamo in un paradiso terrestre: le Sette Pievi tutte insieme. Cerchiamo di non esserne scacciati per incapacità di gestirlo a dovere. Difendiamo il bello ed il buono che ci distingue, cercando di accrescerlo attraverso una impegnativa ricerca di “unità” che potrebbe portarci al settimo cielo. Basta volerlo e… darsi da fare.
Tutto quanto detto risulta soltanto una illusione di un vecchio barbogio centenario? Mi auguro di no; anzi mi auguro che sia un sincero auspicio che possa essere raccolto ed attuato.

Credits foto Mario Antolini: Studio Fox Tione di Trento

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