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UNITN | Impronte fantasma sulla luce per tenere d’occhio salute e ambiente

Università degli Studi di Trento

martedì 21 settembre 2021 h12:00


Sistemi ad alta precisione e basso costo per la qualità dell’aria e la diagnostica medica sono in costruzione al laboratorio Q@TN. Il centro di fisica quantistica di Trento è una realtà di riferimento in Europa per ideare e realizzare prototipi d’avanguardia. Con i chip fotonici integrati si prepara la svolta per utilizzare le tecniche di ghost imaging e di undetected photon spectroscopy e passare così dalla teoria alla pratica, dal laboratorio alla vita quotidiana.

Protagonisti fin dall’antichità di racconti e leggende, dopo aver aleggiato in castelli, libri e film, i fantasmi si muovono ora nei chip fotonici. A manifestare la loro presenza non è un tintinnio di catene, ma sono delle orme sulla luce. Nel settore si parla di ghost imaging (immagine fantasma) e undetected photon spectroscopy (spettroscopia con fotone non rilevato), particolari tecniche di ottica quantistica che permettono di comprendere cosa accade in una particella di luce in base all’impronta che essa lascia su una particella correlata.
Ghost imaging e undetected photon spectroscopy non sono una novità: sono già numerosi gli studi e gli esperimenti che coinvolgono gruppi di ricerca di varie parti del mondo. Ora, però, al Q@TN di Trento si lavora per passare dalla teoria alla pratica, dal laboratorio alla vita quotidiana e utilizzare questa tecnica per costruire strumentazioni di alta precisione, basso costo e piccole dimensioni per applicazioni ambientali (ad esempio per il controllo della qualità dell’aria) e mediche (come l’analisi in-vivo di tessuti biologici per la microscopia diagnostica, ad esempio per la rivelazione di cellule tumorali).
Il centro di fisica quantistica di Trento Q@TN, diretto da Lorenzo Pavesi, professore di Fisica dell’Università di Trento, è un incubatore d’avanguardia. Un laboratorio, giovane e dinamico, di formazione, ricerca e innovazione nel settore delle scienze e tecnologie quantistiche che unisce Università di Trento, Fondazione Bruno Kessler, Consiglio nazionale delle ricerche e Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn). Nato nel 2018, negli anni è diventato un punto di riferimento nazionale ed europeo e una realtà unica dove ideare dispositivi quantistici e realizzare algoritmi e prototipi per il supercalcolo, le comunicazioni sicure e la sensoristica.
Il bilancio dei primi anni di attività di Q@TN dà conto di 4 milioni e mezzo di finanziamenti ottenuti per progetti di ricerca, il deposito di cinque brevetti, oltre 55 pubblicazioni scientifiche e 24 studenti e studentesse del programma transdisciplinare di dottorato in Quantum Sciences and Technologies.
Una delle frontiere su cui il centro è impegnato riguarda l’utilizzo della tecnica dell’immagine fantasma e dei fotoni non rilevati. Entrambe le tecniche affrontano lo stesso problema: spostare l’informazione misurata da un fotone a lunghezze d’onda difficilmente rilevabili, come il medio infrarosso, ad altre di facile accesso, come il visibile. Le due tecniche sono simili ma allo stesso tempo essenzialmente diverse.
Il ghost imaging sfrutta la correlazione quantistica tra due fotoni per trasferire l’informazione raccolta da un fotone all’altro. In questo modo, è possibile aumentare la facilità e l’efficienza di misura. Si sfrutta il rimbalzo delle informazioni dal fotone che interagisce con l’oggetto all’altro fotone che viene accuratamente analizzato. Tuttavia, è comunque necessario misurare entrambi i fotoni.
Con l’undetected photon spectroscopy, invece, non è nemmeno necessario misurare il fotone che interagisce con l’oggetto e che classicamente porta con sé l’informazione. Per spiegare in cosa consista questa tecnica, si utilizza a volte l’esempio di una coppia affiatata: da un partner si riesce a cogliere lo stato d’animo dell’altro senza nemmeno doverlo guardare, perché le preoccupazioni e le soddisfazioni dell’uno lasciano inevitabilmente un’impronta sull’altro membro della coppia. Nel mondo quantistico succede qualcosa di simile. Grazie alla correlazione quantistica tra i due fotoni, le modificazioni di uno sono riflesse nello stato dell’altro. È perciò possibile utilizzare il fotone correlato di facile lettura per ottenere informazioni sul fotone partner di difficile accesso. In altre parole, diventa possibile vedere una particella di luce senza guardarla.
Leonardo Gasparini, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, al lavoro nel team del laboratorio Q@TN, spiega come il ghost imaging non sia più fantascienza. «Negli anni scorsi, abbiamo lavorato al progetto SuperTwin (super gemello), finanziato dall’Unione Europea, che ha portato ad un primo prototipo di microscopio ottico innovativo che sfrutta i fotoni correlati per rompere la barriera di risoluzione imposta dalle leggi della fisica classica.
Sfruttando questa tecnica, in futuro sarà possibile osservare particelle di poche centinaia di nanometri, come un virus» commenta. «Forti di questa esperienza, siamo ora al lavoro a un nuovo progetto europeo, che sfrutta la tecnica del ghost imaging per creare un microscopio ottico in grado di “vedere” delle caratteristiche “invisibili” di un campione».
Stefano Signorini, assegnista di ricerca all’Università di Trento, si sofferma sulla capacità raggiunta da Q@TN nel generare e utilizzare coppie di fotoni correlati in un circuito integrato in silicio: «Qui a Trento stiamo sviluppando un chip quantistico che rileva con precisione la quantità di un gas, come può essere l’anidride carbonica nell’ambiente, sfruttando l’undetected photon spectroscopy. Generiamo coppie di fotoni, dove un fotone è nel medio infrarosso, molto sensibile al gas, e l’altro nel visibile, facile da misurare. Il fotone che interagisce col gas, difficilmente rilevabile con le tecnologie attuali, non viene nemmeno misurato. Risaliamo alla concentrazione del gas grazie alla particella di luce visibile correlata, facile da misurare con un rilevatore di luce convenzionale. Tutto questo, su un chip miniaturizzato e a basso costo».

(e.b.) Ufficio Stampa Università degli Studi di Trento

©UniTrento ph. Federico Nardelli
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