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Cons. De Godenz | Interrogazione per impedire la discriminazione dei volontari trentini nello svolgimento delle loro professioni

martedì 28 aprile 2020 h10:45


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"Negli scorsi giorni siamo venuti a conoscenza, con molto rammarico e preoccupazione, di una discriminazione verso i volontari che si stanno adoperando in questa emergenza. Nella fattispecie, il fatto riguarda l’invito, da parte di alcuni datori di lavoro, ai volontari/lavoratori a lasciare momentaneamente l'attività in Croce Rossa Italiana trascorrendo un periodo di "ferie forzate" fino al trascorrere dei 14 giorni di quarantena prima del ritorno al lavoro, "intimando" comunque più o meno velatamente che il "continuare" con l'attività di volontariato potrebbe pregiudicare il loro posto di lavoro con cassa integrazioni/licenziamenti ad hoc alla luce del periodo di crisi economica."
"Questo" spiega il consigliere Pietro De Godenz "mi ha portato a depositare urgentemente una interrogazione all'assessore competente poichè non posso tollerare in nessun modo che i nostri volontari - i quali si stanno rivelando per l'ennesima volta dei veri e propri cittadini-eroi, fornendo un encomiabile supporto ai professionisti del settore sociale e sanitario impegnati in questa terribile emergenza legata al virus Covid-19 e ai quali va, tutti nessuno escluso,un sentito e doveroso GRAZIE! - rischino di venire discriminati sul posto di lavoro." "Inoltre" ha continuato il consigliere "vanno tutelati anche i datori di lavoro che non possono essere ritenuti gli unici responsabili di eventuali contagi dei loro dipendenti".
"Sappiamo da fonti certi (APSS) che chi opera come volontario indossa i corretti DPI e che, anche qualora un volontario si ammalasse il datore di lavoro non correrebbe poi il rischio di vederselo intestare quale infortunato sul lavoro poichè l'inail ha, con apposita circolare, chiarito che il contagio avvenuto durante l'opera di volontariato non è così considerato." In aggiunta" continua De Godenz "al volontario rientrante al suo lavoro viene richiesto di certificare di non essere entrato in contatto con persone affette da Covid-19 nei 14 giorni precedenti. Anche questo appare veramente una forzatura: come può una persona saperlo con certezza?"
Per tali motivi il consigliere De Godenz ha interrogato la Giunta per sapere se sia a conoscenza delle vicenda riportata nell'interrogazione, se intenda aprire una serie di confronti con l’Azienda Sanitaria, gli enti del Terzo Settore in prima linea nella gestione dell’emergenza Covid-19 e l’INAIL per concorrere alla risoluzione delle problematiche sopra rappresentate e, ancora, se a tutela sia dei lavoratori che dei datori di lavoro si preveda di cambiare tipo di dichiarazione da effettuare al rientro al lavoro, data l'impossibilità di conoscere con certezza quanto la certificazione pretende in riferimento ai possibili contatti quotidiani di ognuno.
"Ritengo doveroso fare queste domande poichè ritengo davvero gravissimo che chi quotidianamente fa del bene per il prossimo si trovi sottoposto a pressioni e penalizzazioni di questo tipo; il rischio è quello di allontanare la gente dal volontariato e provocare ingiustizia sociale, tra l'altro assolutamente ingiustificata.Non possiamo e non dobbiamo permetterlo. Sono però convinto che l'assessora Segnana saprà valutare attentamente le mie richieste e confrontarsi con la Giunta provinciale, trovando una immediata soluzione a tutela sia dei volontari che dei loro datori di lavoro" ha concluso Pietro De Godenz
Sotto si riporta testo integrale dell'interrogazione
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
La Croce Rossa Italiana, insieme alle altre associazioni della Protezione Civile e tutte quelle del terzo settore che si occupano di servizi socio assistenziali, è da sempre impegnata sul territorio Provinciale e Nazionale in tutte quelle attività a favore delle persone vulnerabili, in quelle di educazione alla salute nonché in quelle di urgenza emergenza anche convenzionate con l’Azienda sanitaria.

Durante l'emergenza da Coronavirus la Croce Rossa Italiana insieme ad altre realtà convenzionate con il 112, pur continuando con le normali attività socio assistenziali, ha aumentato l’impegno grazie all’affidabilità e alla professionalità dei propri volontari attivandosi con servizi di pre-triage nei Pronto Soccorso degli Ospedali Aziendali, attività di supporto nella vestizione/svestizione ed igienizzazione delle ambulanze presso postazioni di Trentino Emergenza oltre che con un aumento dell'attività di urgenza-emergenza su richiesta di Trentino Emergenza, consegna farmaci, viveri, aiuto psicologico ai Volontari, operatività nella Centrale Unica di Emergenza, rispondendo al numero verde emergenza Coronavirus o in aiuto alla distribuzione di mascherine alla popolazione.

Negli scorsi giorni siamo venuti a conoscenza, con molto rammarico e preoccupazione, di una discriminazione verso i volontari che si stanno adoperando in questa emergenza.

Nella fattispecie il fatto riguarda l’invito, da parte di alcuni datori di lavoro, ai volontari/lavoratori a lasciare momentaneamente l'attività in Croce Rossa Italiana trascorrendo un periodo di "ferie forzate" fino al trascorrere dei 14 giorni di quarantena prima del ritorno al lavoro, "intimando" comunque più o meno velatamente che il "continuare" con l'attività di volontariato potrebbe pregiudicare il loro posto di lavoro con cassa integrazioni/licenziamenti ad hoc alla luce del periodo di crisi economica.

Premesso che i volontari seguono, per qualunque servizio, le indicazioni impartite dall'Istituto Superiore di Sanità, dalla APSS e dalla Croce Rossa Italiana stessa e, quindi, in tutte le attività sopra descritte operano nel pieno rispetto delle norme, utilizzando adeguati dispositivi di protezione necessari per evitare il contagio attivo e passivo del virus. Inoltre la CRI è impegnata in un costante presidio di tutela della sicurezza per la salute dei volontari e degli operatori anche attraverso la formazione relativa ai dispositivi di protezione individuale.
Vogliamo infine ricordare che, oltre ad essere un obbligo normativo, la tutela della sicurezza e la salute dei volontari è punto fondamentale delle associazioni che si occupano di servizi socio assistenziali in convenzione con l’Azienda sanitaria e non appare quindi facile contrarre la malattia in questione o, perlomeno, risulta a pari rischio di qualsiasi cittadino che esca da casa nella sua quotidianità.

Sono comunque capibili le preoccupazioni di taluni datori di lavoro che temono ripercussioni se un volontario dovesse ammalarsi di Covid 19 in quanto tale fattispecie rientra tra le casistiche di infortunio sul lavoro ma una recente circolare dell’Inail (03 dd. 03/04/2020) ha chiarito che per quanto riguarda l’ambito della tutela, l’Istituto riconosce l’infortunio sul lavoro a coloro che risultano contagiati da Covid-19, in occasione di lavoro comprendendo in tale accezione tutte le condizioni temporali, topografiche e ambientali in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è imminente il rischio di danno per il lavoratore, sia che tale danno provenga dallo stesso apparato produttivo e sia che dipenda da situazioni proprie e ineludibile del lavoratore.
Nello specifico le più rilevanti precisazioni contenute nella circolare sono:

– l’Inail tutela, per l’aspetto assicurativo, le malattie infettive e parassitarie inquadrandole nella categoria degli infortuni sul lavoro; a questa vanno ricondotti anche i casi di infezione da Covid-19, contratta da soggetti assicurati, in occasione di lavoro;

– per “occasione di lavoro”, l’Inail intende che l’infortunio sia avvenuto nell’espletamento delle mansioni, così come durante lo svolgimento di attività strumentali o accessorie, in tutte le condizioni temporali, topografiche e ambientali in cui l’attività lavorativa si svolge;

– vige il principio della presunzione semplice di origine professionale, per tutte quelle attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/utenza (quindi, oltre agli operatori sanitari, ad esempio chi opera in front-office, o svolge attività di cassa…);

Detto ciò risulta difficile capire l’atteggiamento dei datori di lavoro che hanno rifiutato il rientro dei lavoratori/volontari in quanto, anche nella ipotetica sfortuna di aver contratto il Covid-19 durante le loro attività di volontariato, il fatto non andrebbe a ricadere nelle casistiche dell’INAIL.

Ma il problema che si vuol sollevare è anche un altro, come può un qualsiasi volontario, ma anche cittadino comune, certificare al rientro al lavoro l’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19 nel rispetto della privacy delle singole persone?

Ricordiamo che quanto sta accadendo ai Volontari rischia di causare un allontanamento degli stessi dalle attività di protezione civile, causando non pochi problemi in un territorio come quello Trentino dove il Volontariato è parte integrante e fondamentale in alcuni servizi di aiuto ed assistenza alla Popolazione.


Tutto ciò premesso, si interroga l’assessore competente per sapere

1) se è a conoscenza di quanto citato in premessa;

2) se intenda aprire una serie di confronti con l’Azienda Sanitaria, gli enti del terzo settore in prima linea nella gestione dell’emergenza Covid-19 e l’INAIL per concorrere alla risoluzione delle problematiche sopra rappresentate.

3) se, a tutela sia dei lavoratori che dei datori di lavoro, si preveda di cambiare il tipo di certificazione da effettuare non potendo sapere con assoluta certezza i contatti con terze persone che si possono avere nella quotidianità e quindi rischiare di dichiarare il falso.
Secondo quanto previsto dal regolamento interno chiedo risposta scritta.

Cons. Pietro De Godenz - UpT

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